Discussione:
[Aristotele] Proposizioni contrarie e princìpi.
(troppo vecchio per rispondere)
Perfidious
2006-10-21 11:05:17 UTC
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E' esatto dire che due proposizioni contrarie (entrambe universali,
quindi) possono essere entrambe false ma non entrambe vere in virtù del
principio di non-contraddizione?
Ed è esatto dire che due prop. contraddittorie (una universale e una
particolare) possono essere solo una falsa e una vera in virtù dei
principi di non-contraddizione e terzo escluso?

Grazie,
Perf.
Marco V.
2006-10-21 12:17:41 UTC
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Post by Perfidious
E' esatto dire che due proposizioni contrarie (entrambe universali,
quindi) possono essere entrambe false ma non entrambe vere in virtù del
principio di non-contraddizione?
Sì, è esatto. Il classico esempio aristotelico è dato dalla coppia di
proposizioni contrarie "tutto si muove" e "tutto sta fermo". Non possono, in
base al pdnc, essere entrambe vere. Possono invece essere entrambe false, in
quanto entrambe falsificabili da una medesima proposizione ("qualcosa sta
fermo e qualcos'altro si muove"; ed anzi, "qualcosa sta fermo" e "qualcosa
si muove", *in quanto* proposizioni contraddittorie rispettivamente di
"tutto si muove" e "tutto sta fermo", sono logicamenti equivalenti).
Post by Perfidious
Ed è esatto dire che due prop. contraddittorie (una universale e una
particolare) possono essere solo una falsa e una vera in virtù dei
principi di non-contraddizione e terzo escluso?
Prendiamo "tutto si muove" e "qualcosa non si muove": tra le due
proposizione c'è una opposizione di contraddittorietà. In base al pdnc le
due proposizioni *non possono* essere entrambe vere. In base al pdte tra le
due proposizione non vi è una terza possibilità ("tertium non datur"), e
dunque delle due una *deve* essere vera (ovvero, è impossibile che siano
entrambe false).
Occorre dunque mantenere fermo che il pdte (che usa una disgiunzione
inclusiva e non disgiuntiva: un "vel" e non un "aut) non asserisce, di per
sé, che delle due proposizioni contradditorie una deve essere vera _e
l'altra falsa_, ma asserisce, di per sé, che delle due proposizioni
contraddittorie, una deve essere vera (è impossibile che siano entrambe
false). E' il pdnc ad aggiungere, dopo "una deve essere vera", "e l'altra
falsa". Perciò, come correttamente intendi, è la congiunzione tra pdnc e
pdte ad implicare che di due proposizioni contraddittorie, necessariamente
una è vera e l'altra è falsa.

Un saluto,

Marco
Perfidious
2006-10-21 13:11:08 UTC
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Post by Marco V.
Post by Perfidious
E' esatto dire che due proposizioni contrarie (entrambe universali,
quindi) possono essere entrambe false ma non entrambe vere in virtù del
principio di non-contraddizione?
Sì, è esatto. Il classico esempio aristotelico è dato dalla coppia di
proposizioni contrarie "tutto si muove" e "tutto sta fermo". Non possono, in
base al pdnc, essere entrambe vere.
Possono invece essere entrambe false, in
quanto entrambe falsificabili da una medesima proposizione ("qualcosa sta
fermo e qualcos'altro si muove"; ed anzi, "qualcosa sta fermo" e "qualcosa
si muove", *in quanto* proposizioni contraddittorie rispettivamente di
"tutto si muove" e "tutto sta fermo", sono logicamenti equivalenti).
Ok.
Post by Marco V.
Post by Perfidious
Ed è esatto dire che due prop. contraddittorie (una universale e una
particolare) possono essere solo una falsa e una vera in virtù dei
principi di non-contraddizione e terzo escluso?
Prendiamo "tutto si muove" e "qualcosa non si muove": tra le due
proposizione c'è una opposizione di contraddittorietà. In base al pdnc le
due proposizioni *non possono* essere entrambe vere.
Ok.
Post by Marco V.
In base al pdte tra le
due proposizione non vi è una terza possibilità ("tertium non datur"), e
dunque delle due una *deve* essere vera (ovvero, è impossibile che siano
entrambe false).
Occorre dunque mantenere fermo che il pdte (che usa una disgiunzione
inclusiva e non disgiuntiva: un "vel" e non un "aut) non asserisce, di per
sé, che delle due proposizioni contradditorie una deve essere vera _e
l'altra falsa_, ma asserisce, di per sé, che delle due proposizioni
contraddittorie, una deve essere vera (è impossibile che siano entrambe
false).
E invece non è così con quelle universali. In quel caso non è necessario
che una sia vera? Il pdte non si applica?

E' il pdnc ad aggiungere, dopo "una deve essere vera", "e l'altra
Post by Marco V.
falsa". Perciò, come correttamente intendi, è la congiunzione tra pdnc e
pdte ad implicare che di due proposizioni contraddittorie, necessariamente
una è vera e l'altra è falsa.
So foooooort :)

Tutto ok. Ultima domanda: Aristotele costruisce questi rapporti fra le
varie proposizioni (quelle del quadrato logico, per intendersi) sulla
base dei princìpi logici, come ho intuito? No perché l'Abbagnano è poco
esauriente riguardo a questo...
Post by Marco V.
Un saluto,
Marco
Grazie,
Perf.
Marco V.
2006-10-21 18:27:45 UTC
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Post by Perfidious
E invece non è così con quelle universali. In quel caso non è necessario
che una sia vera? Il pdte non si applica?
Non si applica, *semplicemente perché* tra "ogni A è B" e "ogni A non è B"
sussiste una opposizione di contrarietà e non di contraddittorietà.

Come viene semantizzata da Aristotele la differenza tra queste due
fondamentali forme di opposizione? Attraverso il concetto di "intermedio"
(_to metaxy_, nel greco dello stagirita; lett. _ciò che sta in mezzo_).
L'impossibilità dell'esistenza di "intermedi" tra termini che si oppongono
per contraddittorietà è dovuta alla logica stessa della negazione "non" (ed
il pdte non è altro che la formalizzazione di questa logica; potremmo dire
che il pdte postula l'esercizio della logica della negazione *in tutta la
sua potenza*).
Post by Perfidious
Tutto ok. Ultima domanda: Aristotele costruisce questi rapporti fra le
varie proposizioni (quelle del quadrato logico, per intendersi) sulla base
dei princìpi logici, come ho intuito? No perché l'Abbagnano è poco
esauriente riguardo a questo...
Ottima domanda, se intesa così: "Aristotele costruisce questi rapporti fra
le varie proposizioni (quelle del quadrato logico, per intendersi) sulla
base dei _soli_ princìpi logici?" Sembrebbe che la risposta sia sì, visto
che si potrebbe dire che la semantizzazione delle espressioni "proposizioni
contraddittorie" e "proposizioni contrarie" sia effettuata nell'ambito della
costruzione stessa del quadrato (che d'altra parte, dal punto di vista della
logica proposizionale moderna, non è altro che la formulazione del
funzionamento della relazione tra i connettivi logici) attraverso i principi
logici, e non sia dunque presupposta in qualche suo costituente.

Ma si potrebbe obiettare che la risposta a quella domanda è da ultimo
negativa, perché l'opposizione di "contrarietà", che è coinvolta nella
costruzione del quadrato delle opposizioni, implica a tutti gli effetti una
semantica (quella degli "intermedi").

Un saluto,

Marco
LG
2006-10-21 14:32:21 UTC
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"qualcosa sta fermo" e "qualcosa si muove"...
Sarei curioso di sapere in che modo riesci a concepire lo "star fermo"
( se mi dici "dal fatto che non si muove", allora il muoversi e'
primitivo rispetto allo star fermo, e dovrai attribuire al muoversi
un'autoreferenzialita' ostensiva... e non potrai spiegarmi il muoversi
con lo star fermo...).
Prendiamo "tutto si muove" e "qualcosa non si muove"
Dobbiamo fare una precisazione preclusiva di contesto: solo se il
"qualcosa" appartieme all'insieme "tutto".
tra le due
proposizione c'è una opposizione di contraddittorietà. In base al pdnc le
due proposizioni *non possono* essere entrambe vere. In base al pdte tra le
due proposizione non vi è una terza possibilità ("tertium non datur"), e
dunque delle due una *deve* essere vera (ovvero, è impossibile che siano
entrambe false).
Al di la' dell'aspetto formale del pdnc - il quale si esaurisce
appunto in tale aspetto, e dunque e' filosoficamente poco interessante
- vorrei fare qualche considerazione/elucubrazione d'ordine ontologico
(spesso si servono del pdnc per contrabbandare significati ontologici,
a cui il pdnc puo' solo in apparenza sembrar deputato :-)).

Se lo star fermo equivale a non-muoversi, allora "x si muove" e "x non
si muove" sono logicamente mutuamente contradditorie, sia che x sia
un singolo univoco esistente, sia che sia l'insieme sommatoria (logica
atomistica) di tutti gli x esistenti.

Se l'insieme degli x mostrasse invece una novita' olistica (non
rilevabile a livello atomistico), tale olismo potrebbe "star fermo" se
e' a tale olismo d'assieme che viene attribuito il nome "x"
dell'insieme (attribuzione possibile in quanto x indica lo stesso
riferimento ontologico).

Dunque con una logica atomistica (che non puo' vedere novita'
emergenti) x si muove, con una olistica (che vede solo l'effetto
emergente) sta fermo (Divenire/Essere... :-)).

Ma torniamo al quotato: che l'insieme "tutto" sia onnicomprensivo
equivale secondo me a dare una raffigurazione ontologica, che esula
dai poteri discriminatori del pdnc. Dire che e' possibile parlare di
un "tutto" onnicomprensivo - che nel seguito citero' come "Tutto" -
e' dire nello stesso tempo che, come tale, e' irriferenziabile (non
puo' contenere la propria frontiera, altrimenti - visto che e' una
frontiera - vi sarebbe altro oltre essa; ne' puo' escludere la
propria frontiera, altrimenti la propria frontiera sarebbe gia' essa
stessa altro da esso). Un "Tutto" ha dunque una incompletezza
irrisolvibile, autocontradditoria rispetto alla sua supposta
completezza.

Questo discorso vale anche quando si parla di universo come cio' che
comprende tutto cio' che esiste. Non e' che non si sappia rispondere
alla domanda: "Cosa c'e' al di la' dell'universo", e' che la domanda
e' insensata, e come tale deve essere eliminata, come un refuso
culturare che ha perso senso, e che quando ne ha avuto uno era un
senso affettivo-emotivo (puramente connotativo).

Quindi, se "il qualcosa x si muove" e lo stesso "qualcosa x sta fermo"
sono contraddittorie e tertium non datur; l'irreferenziabilita' del
"tutto" onnicomprensivo farebbe invece si' che la proposizione "il
Tutto si muove" sia inconsistente; e questo e' un tertium datur
preliminare ad ogni casistica bipolare dirimibile col pdnc. Per cui
"qualcosa x sta fermo" e "Tutto si muove" sono autocontraddittorie
come la mela rossa e le pere a merenda. Tra senso e mancanza di senso
c'e' incommensurabilita'. Non e' che usando in tandem il pdnc e il
pdte si possa costruire una metafisica,

LG
Marco V.
2006-10-21 18:25:10 UTC
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Post by LG
Sarei curioso di sapere in che modo riesci a concepire lo "star fermo"
( se mi dici "dal fatto che non si muove", allora il muoversi e'
primitivo rispetto allo star fermo, e dovrai attribuire al muoversi
un'autoreferenzialita' ostensiva... e non potrai spiegarmi il muoversi
con lo star fermo...).
Ovviamente qui la questione mi interessava *solo* dal punto di vista
logico-formale (per quanto quella dei "contrari" sia già una semantica).
Aggiungo anche, in relazione a quanto dirai alla fine del tuo post, che
"tutto", in quelle proposizioni, va inteso come quantificatore universale:
"ogni cosa". "tutto si muove [sta fermo]" non va dunque inteso, come fai
alla fine, come "_il_ tutto si muove [sta fermo]", che tu usi o meno la
maiuscola:-).
Post by LG
Se lo star fermo equivale a non-muoversi, allora "x si muove" e "x non
si muove" sono logicamente mutuamente contradditorie,
Intendi, credo (correggimi se sbaglio), "x si muove" e "x sta fermo", perché
il fatto che tra "x si muove" e "x _non_ si muove" sussista una relazione di
contradditorietà logica *non* richiede alcuna premessa semantica
(l'equivalenza di cui parli), ma è analiticamente fondato sulla particella
"non".
D'altra parte, se c'è identità semantica tra "stare fermo" e "non muoversi"
allora, per sostituzione, visto che c'è opposizione di
contraddittorietà tra "x si muove" e "x _non_ si muove", sembra che si debba
dire che c'è relazione di contraddittorietà tra "x si muove" e "x sta
fermo".

E tuttavia c'è un problema, che disturba la linearità di quest'ultimo
ragionamento - e questo proprio dal punto di vista di Aristotele. Infatti se
tra "x si muove" ed "x sta fermo" sussiste una relazione di
contraddittorietà logica, allora, dal punto di vista della logica classica
(che qui coincide rigorosamente con la logica aristotelica), tra queste due
proposizione vige il terzo escluso, e dunque una delle due deve essere vere.
Ma nel caso in cui x non esista (per un qualche valore di x) ci troveremmo
in una aporia (tipica, quando fa capolino il non-essere:-)): da un lato
entrambe le proposizioni sarebbero falsificate - dall'altro lato, la
relazione di contraddittorietà logica sussistente tra le due proposizione
renderebbe a priori impossibile questa simultanea falsificazione.
L'unico modo per uscire da questa aporia, è di negare che tra "x si muove"
ed "x sta fermo" possa sussistere una relazione di contraddittorietà. Questa
relazione sussiste tra "x si muove" ed "x non si muove". Infatti, se x non
esiste, "x non si muove" non viene falsificata (ciò che non esiste, non si
muove nemmeno).

A questo punto Aristotele, a proposito di questa faccenda semantica, farebbe
riferimento alla opposizione tra "possesso" e "privazione".
Post by LG
Ma torniamo al quotato: che l'insieme "tutto" sia onnicomprensivo
equivale secondo me a dare una raffigurazione ontologica, che esula
dai poteri discriminatori del pdnc. Dire che e' possibile parlare di
un "tutto" onnicomprensivo - che nel seguito citero' come "Tutto" -
e' dire nello stesso tempo che, come tale, e' irriferenziabile (non
puo' contenere la propria frontiera, altrimenti - visto che e' una
frontiera - vi sarebbe altro oltre essa; ne' puo' escludere la
propria frontiera, altrimenti la propria frontiera sarebbe gia' essa
stessa altro da esso). Un "Tutto" ha dunque una incompletezza
irrisolvibile, autocontradditoria rispetto alla sua supposta
completezza.
E intanto, anche qui, faccio notare che questa supposta completezza siamo
riusciti, appunto, a supporla, dunque a *riconoscerla*. E se l'abbiamo
riconosciuta, è perché, per così dire, abbiamo riconosciuto la...promessa
avanzata dal termine "tutto", in quanto dotato del significato di cui è
dotato.
Ed è solo perché abbiamo riconosciuto questo significato, che poi possiamo
parlare di "autocontraddizione" (il "Tutto" sarebbe autocontraddittorio
perché, non potendo contenere tutto, non può mantenere la promessa espressa
dal termine che lo indica).

Visto che, poiché parli di "autocontraddizione", deve trattarsi di una
faccenda eminentemente logica (in questo caso, la tua "irreferenziabilità"
viene a consistere nella contraddittorietà dell'oggetto che il termine
promette di referenziare), dovrei chiederti di specificarti in che senso usi
qui il termine "frontiera" (un termine al quale, per altro, da quel
contestualista che sei, sei particolarmente affezionato:-)). Ma forse la
domanda sarebbe superflua, perché la frontiera del "Tutto" è indicata dal
termine "Nulla" - e allora si capisce già che l'intera questione è
traducibile in quella aporia che tu vorresti eliminare come insensata:
l'aporia del nulla:-).
Post by LG
Quindi, se "il qualcosa x si muove" e lo stesso "qualcosa x sta fermo"
sono contraddittorie e tertium non datur;
Sopra ho mostrato che così non può essere.
Post by LG
Non e' che usando in tandem il pdnc e il
pdte si possa costruire una metafisica,
Sicuramente no. Occorre una semantizzazione, che deve riguardare i termini
fondamentali in gioco. Ma non sottovalutiamo il potere semantizzante dei
principi logici. Il pdnc, ad esempio, è in grado di semantizzare termini
quali "contraddizione" ed "impossibilità".

Un saluto,

Marco
LG
2006-10-22 13:59:37 UTC
Permalink
Post by Marco V.
Post by LG
Sarei curioso di sapere in che modo riesci a concepire lo "star fermo"
( se mi dici "dal fatto che non si muove", allora il muoversi e'
primitivo rispetto allo star fermo, e dovrai attribuire al muoversi
un'autoreferenzialita' ostensiva... e non potrai spiegarmi il muoversi
con lo star fermo...).
Ovviamente qui la questione mi interessava *solo* dal punto di vista
logico-formale
Certo, lo avevo capito, sono stato io che l'ho spinta sotto un altro
punto di vista (come ho anche chiarito nel corso del post), per
ricollegarmi alla mia risposta nel thread "Dio non esiste
[controprova, o della falsificabilità scientifica (Popper)]"
(vedi...).
Post by Marco V.
"ogni cosa". "tutto si muove [sta fermo]" non va dunque inteso, come fai
alla fine, come "_il_ tutto si muove [sta fermo]", che tu usi o meno la
maiuscola:-).
Anche qui, ho chiarito che assumevo io il termine "Tutto"
analizzandone la pretesa di referenzialita' ontologica.
Post by Marco V.
il fatto che tra "x si muove" e "x _non_ si muove" sussista una relazione di
contradditorietà logica *non* richiede alcuna premessa semantica
E questo rende filosoficamente ben poco interessante la questione.
Post by Marco V.
se x non esiste...
Ma no, davo per scontato che x esista (Russell avrebbe detto "Esiste
un x, tale che..." ), che nelle due p. "x " sia la stessa cosa, e che
entrambe le p. si enuncino contemporaneamente. Questo perche' non ero
particolarmente interessato agli aspetti logico-formali (o a quello
che diceva Aristotele), quanto a quelli semantici referenziali, cioe'
al momento in cui, nel proferire un enunciato, si assume anche un
impegno ontologico.
Post by Marco V.
Post by LG
Ma torniamo al quotato: che l'insieme "tutto" sia onnicomprensivo
equivale secondo me a dare una raffigurazione ontologica, che esula
dai poteri discriminatori del pdnc. Dire che e' possibile parlare di
un "tutto" onnicomprensivo - che nel seguito citero' come "Tutto" -
e' dire nello stesso tempo che, come tale, e' irriferenziabile (non
puo' contenere la propria frontiera, altrimenti - visto che e' una
frontiera - vi sarebbe altro oltre essa; ne' puo' escludere la
propria frontiera, altrimenti la propria frontiera sarebbe gia' essa
stessa altro da esso). Un "Tutto" ha dunque una incompletezza
irrisolvibile, autocontradditoria rispetto alla sua supposta
completezza.
E intanto, anche qui, faccio notare che questa supposta completezza siamo
riusciti, appunto, a supporla, dunque a *riconoscerla*.
Benissimo. E allora ti chiedo (un po' come all'inizio del post): in
che modo il termine completezza ti risulta concepibile, in che modo
riesci a "riconoscerlo"?
Post by Marco V.
Visto che, poiché parli di "autocontraddizione", deve trattarsi di una
faccenda eminentemente logica (in questo caso, la tua "irreferenziabilità"
viene a consistere nella contraddittorietà dell'oggetto che il termine
promette di referenziare)
Non direi che il termine riesce ad "arrivare" ad un "oggetto", proprio
perche' il "puntatore referenziale" (la descrizione, definizione,
precisazione del termine...) e' GIA' in partenza autocontraddittorio o
affetto da infinita vaghezza.
Post by Marco V.
dovrei chiederti di specificarti in che senso usi
qui il termine "frontiera" (un termine al quale, per altro, da quel
contestualista che sei, sei particolarmente affezionato:-)).
In senso ovviamente metaforico; ma bisogna distinguere se una metafora
e' "propria", in quanto esemplificabile con indicatori ostensivi, o
"impropria", **apparente**, in quanto viene, ad libitum, in modo
implicito od esplicito, dichiarata metafora al fine di attribuire
referenzialita' a una locuzione che non potra' mai essere detta in
altro modo, se non con loop di altre metafore apparenti.

Ad es. la frontiera del Tutto e' evanescente (per le osservazioni che
facevo), la metafora dell'onnicomprensiva frontiera del Tutto e'
metafora impropria: "insacca" il Tutto per dargli l'apparenza di un
riferimento citabile, per poterlo "abbracciare con lo sguardo" di una
qualche immaginazione di elementi finiti, per poi disfarsene subito
dopo. Un po' quello che Severino fa col Divenire: lo dice uscire dal
nulla e tornare al nulla, utilizzando la citazione del nulla come se
fosse un riferimento, ma subito dopo se ne disfa', non per dire che ha
dato del Divenire una descrizione contraddittoria (metafora di moto
da- e a luogo, da e verso un non-luogo), ma servendosi della
contraddittorieta' intriseca alla sua descrizione per slittare tale
contraddizione sul Divenire, e cassarlo come apparenza.

La frontiera di un discorso e' invece una metafora propra, traducibile
nei "presupposti preliminari", che vengono dati come veri ed in
coerenza con i quali si verifichera' la verita' di enunciati fatti nel
corso del discorso. La metafora della "frontiera" rimanda in questo
caso a testi esistenti, restrizioni che determinano il contesto.
Post by Marco V.
l'aporia del nulla:-).
... che tu vorresti tenere (romanticamente, eh!?) in piedi come
fascinosa e servizievole (vedi Severino) "aporia" ontologica :-)
(denotativa). Che dal punto di vista connotativo-esistenziale il nulla
rappresenta il dramma dell'uomo.
Post by Marco V.
Post by LG
Non e' che usando in tandem il pdnc e il
pdte si possa costruire una metafisica,
Sicuramente no. Occorre una semantizzazione, che deve riguardare i termini
fondamentali in gioco. Ma non sottovalutiamo il potere semantizzante dei
principi logici. Il pdnc, ad esempio, è in grado di semantizzare termini
quali "contraddizione" ed "impossibilità".
E' l'esperienza, nel mondo, di impossibilita' rigide che ha portato
all'uso del termine astratto "contraddizione"; dopidiche' l'amore dei
cultori dei "principi normativi" (dell'a-priori di una legge) l'ha
collocato sull'altare, e ha fatto discendere da esso tutto quello che
l'aveva fatto salire :-).

C'e' insomma la contraddizione NON perche' c'e' il Pdnc, ma c'e' il
Pdnc perche' c'e' l'esperienza della contraddizione. Sembra la stessa
cosa, ma nel mio caso c'e' un fondamento filogenetico empirico
plausibilmente evolutivo, nel... vostro un fondazionalismo
strisciante.

Ciao.
LG

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