Post by MartaMi interessa molto approfondire la logica formale, però ovviamente
inizio prima da qualche testo più semplice. :-)
Però Aristotele un giorno dovrò pur iniziare a leggerlo, anche perché so
che pure in campo economico (che è il mio settore) ha espresso delle
opinioni che reputo molto interessanti. Del resto una tale mente
dovrebbe essere obbligatorio leggerla. :-)
Sì, approfondisci prima la logica formale (e fallo su un manuale; ce ne
sono degli ottimi per cominciare) e poi, se conserverai un interesse
filosofico, abbraccia pure la croce di Aristotele:-). Fallo solo per
ragioni storiche o filosofiche, perché ti scontrerai già solo con notevoli
problemi di terminologia o di pesantezza e farraginosità della esposizione.
Post by MartaPost by Marco V.<<La dimostrazione parte da proposizioni universali, mentre l'induzione si
fonda su proposizioni particolari>>. ["Analitici Secondi", I, 18].
"dimostrazione" o "deduzione" ?
"Dimostrazione", che nel greco di Aristotele suona _apodeixis_. Ma in
*questo* caso direi che non vi è differenza tra "deduzione" e
"dimostrazione", perché entrambi i termini si riferiscono ad un
procedimento logico con cui si passa inferenzialmente da un certo insieme
di premesse ad una conclusione, la quale si dirà "dedotta" (o "derivata")
dalle premesse. Un procedimento del genere, è per Aristotele un
"sillogismo" (letteralmente, una connessione di una certa proposizione ad
altre proposizioni differenti dalla prima).
Se può interessarti, rimane comunque vero che Aristotele distingue il
"sillogismo dimostrativo" (o anche "scientifico") da quello "dialettico".
Entrambi sono formalmente corretti, ma solo in primo ci consente, <<per il
fatto di possederlo>>, di <<sapere>> ["Analitici Secondi", II], perché il
primo è per definizione quello le cui premesse sono vere. (un sillogismo
come tale, invece, in quanto procedimento logico, ci consente di pervenire
ad una conclusione, ma se nulla è detto sulla verità delle premesse, nulla
è detto sulla verità della proposizione espressa dalla conclusione). Il
sillogismo non "scientifico", chiamato spesso da Aristotele "sillogismo
dialettico", è invece quello le cui premesse corrispondono a premesse
assunte come vere in quanto corrispondenti all'opinione generale, ed ha
dunque valore sostanzialmente "retorico".
Proprio sulla base della relazione tra "dimostrativo" e "non
dimostrativo", Aristotele può poi dire che <<per dimostrazione, d'altra
parte, intendo il sillogismo scientifico>>. In generale, dunque, per
Aristotele ogni "dimostrazione" è una deduzione, ma non ogni deduzione è
una "dimostrazione".
Post by MartaQuindi, ricapitolando, mi sentirei di dire che l'induzione è un metodo
di ragionamento che può essere molto utile in mancanza d'altro, ma
proprio in quanto viene usato in mancanza d'altro, è soggetto ad errori.
O meglio: è soggetto alla falsificazione empirica. La conclusione - e c'è
"conclusione", nel senso che da alcune proposizioni si passa ad una
proposizione finale (in questo senso, l'induzione è un "ragionamento") -
non è "dedotta", e dunque non sussiste un nesso logico necessario tra le
premesse e la conclusione. Potrà dunque accadere che le premesse siano
vere, e la conclusione risultare falsa. Se vedo sempre e solo cigni
bianchi, la proposizione indotta "tutti i cigni sono bianchi" rimane
falsificabile.
Post by MartaOra che mi pare di aver capito l'induzione e la deduzione, mi fai
conoscere anche l'abduzione. Peccato che per ora non riesca a vedere
sostanziali differenze con l'induzione: non mi sembra tanto una
differenza di forma del ragionamento, quanto di risultato ottenuto. Ma
ora rileggo meglio e vedo di comprendere.
L'abduzione si fonda in sostanza sulla formulazione di una ipotesi
espressa da una proposizione universale (ci deve dunque essere un "tutti",
"per ogni" etc.), la quale, tramite sussunzione del particolare sotto
l'universale, ci consente di spiegare un determinato caso empirico.
Esempio: mi sveglio la mattina con delle eruzioni cutanee di un certo
tipo. So che il morbillo (che qui è un termine universale) causa proprio
quel certo tipo di eruzioni cutanee. Dico: "ho il morbillo".
Post by MartaQuindi le "intuizioni" di Aristotele sono gli "assiomi" moderni. Ma
allora che termine usava per indicare le intuizioni "moderne"? :-)
Non, *non* sono gli assiomi moderni, ma praticamente il loro opposto:-).
Gli "assiomi" moderni, da Hilbert in poi, sono caratterizzati dalla
arbitrarietà della loro assunzione: sono proposizioni che costituiscono le
premesse del calcolo, alle quali si applicheranno certe regole di
trasformazione formalizzate dal calcolo stesso.
Per Aristotele l'"intuzione" è di genere superiore alla "scienza
dimostrativa" (quella costruita sillogisticamente), perché garantisce
(come la "scienza dimostrativa") il possesso della verità
(l'infallibilità, l'incontrovertibilità), ma fornisce alla "scienza
dimostrativa" i principi stessi della dimosrazione, i quali non sono
dimostrabili. E il termine con il quale Aristotele a volte indica i
principi della dimostrazione (ciò a partire dal quale, e sul fondamento
del quale, la scienza dimostrativa in quanto tale può procedere), è
proprio quello di "assiomi" (_axiomata_). "Analitici Secondi", I: <<chiamo
invece assioma quel principio, che deve essere necessariamente posseduto
da chi vuol apprendere checchessia>>.
Post by MartaGrazie.
Marta (senz'acca ^_^)
Però l'acca ci stava molto bene:-).
Saluti,
Marco
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