Prima Idea
2024-02-20 03:56:18 UTC
C'è contraddizione tra l'assunzione che Dio sia "infinitamente buono" e
"infinitamente giusto"?
Supponiamo che Tizio dia una sprangata sulle gambe a Caio e gli rompa le
ossa. Se Dio (o la Natura, l'evoluzione, o chi volete) fosse *giusto*,
chi dovrebbe sentire il dolore?
Secondo un'idea di giustizia piuttosto semplicistica ma molto diffusa,
la sofferenza, la *pena*, dovrebbe spettare a chi ha fatto qualcosa di
"male", mentre chi ha fatto del "bene" meriterebbe un premio. Chi
"punisce" un innocente è considerato "ingiusto".
In questo caso sarebbero sicuramente più o meno tutti d'accordo che la
parte del "cattivo" è quella di Tizio, e quindi in certo senso sarebbe
"giusto" che fosse lui a soffrire.
Ma proviamo a fare un ragionamento più *razionale*: perché esiste il
dolore? Il dolore è una sorta di campanello d'allarme che ci informa che
stiamo subendo un danno. E' grazie al dolore che Caio si rende conto di
avere le ossa rotte e potrà prendere i dovuti provvedimenti, come
l'ingessatura, che lo riporteranno alla normalità. Se non sentisse il
dolore, Caio cercherebbe di camminare, provocando così una scomposizione
della frattura e peggiorando enormemente la situazione. In altre parole
è proprio il dolore a *salvare* Caio. E' *giusto* dunque che il dolore
lo provi Caio: se lo provasse Tizio, il sistema non funzionerebbe, non
avrebbe senso.
Ecco: la "punizione" nel senso più originale del termine, cioè quello di
infliggere una pena, una sofferenza, è ciò che Dio fa a chi *subisce* un
danno. Non a chi lo causa. Io direi che in questo modo sono possibili
senza contraddizione l'assunzione che Dio sia "infinitamente buono" che
"infinitamente giusto", e allo stesso tempo l'assunzione del libero
arbitrio.
Ma a cosa è dovuto, dunque, questo slittamento semantico che ha portato
la parola "pena" (e con sé "punizione") ad indicare non più il *dolore*
in generale ma la *condanna* di chi è colpevole di un reato?
Io direi che è dovuto al fatto che è estremamente comune che l'uomo
provochi una sofferenza (reale o anche solo evocata) a qualcuno per
scoraggiare determinate azioni e quindi condizionare il comportamento di
altri uomini o animali. Il sistema dei "premi e punizioni" è infatti
estremamente efficace per l'addestramento di un individuo.
ideaprima"infinitamente giusto"?
Supponiamo che Tizio dia una sprangata sulle gambe a Caio e gli rompa le
ossa. Se Dio (o la Natura, l'evoluzione, o chi volete) fosse *giusto*,
chi dovrebbe sentire il dolore?
Secondo un'idea di giustizia piuttosto semplicistica ma molto diffusa,
la sofferenza, la *pena*, dovrebbe spettare a chi ha fatto qualcosa di
"male", mentre chi ha fatto del "bene" meriterebbe un premio. Chi
"punisce" un innocente è considerato "ingiusto".
In questo caso sarebbero sicuramente più o meno tutti d'accordo che la
parte del "cattivo" è quella di Tizio, e quindi in certo senso sarebbe
"giusto" che fosse lui a soffrire.
Ma proviamo a fare un ragionamento più *razionale*: perché esiste il
dolore? Il dolore è una sorta di campanello d'allarme che ci informa che
stiamo subendo un danno. E' grazie al dolore che Caio si rende conto di
avere le ossa rotte e potrà prendere i dovuti provvedimenti, come
l'ingessatura, che lo riporteranno alla normalità. Se non sentisse il
dolore, Caio cercherebbe di camminare, provocando così una scomposizione
della frattura e peggiorando enormemente la situazione. In altre parole
è proprio il dolore a *salvare* Caio. E' *giusto* dunque che il dolore
lo provi Caio: se lo provasse Tizio, il sistema non funzionerebbe, non
avrebbe senso.
Ecco: la "punizione" nel senso più originale del termine, cioè quello di
infliggere una pena, una sofferenza, è ciò che Dio fa a chi *subisce* un
danno. Non a chi lo causa. Io direi che in questo modo sono possibili
senza contraddizione l'assunzione che Dio sia "infinitamente buono" che
"infinitamente giusto", e allo stesso tempo l'assunzione del libero
arbitrio.
Ma a cosa è dovuto, dunque, questo slittamento semantico che ha portato
la parola "pena" (e con sé "punizione") ad indicare non più il *dolore*
in generale ma la *condanna* di chi è colpevole di un reato?
Io direi che è dovuto al fatto che è estremamente comune che l'uomo
provochi una sofferenza (reale o anche solo evocata) a qualcuno per
scoraggiare determinate azioni e quindi condizionare il comportamento di
altri uomini o animali. Il sistema dei "premi e punizioni" è infatti
estremamente efficace per l'addestramento di un individuo.
semplicemente....
in una dimensione di innocenza originale non viene percepito il male.
Il dolore e'stato concepito per associazioni cerebrali indotte via via nella
storia umana.